Emergenza Covid e ammortizzatori sociali
Articolo pubblicato su Wikilabour n° 6 del 23/03/2020
di Silvia Balestro
Il Governo è intervenuto nuovamente attraverso provvedimenti urgenti che riguardano tutto il territorio nazionale, dopo averlo fatto con il D.L. 9/2020 per le aziende situate nelle ex zone rosse di Lombardia e Emilia Romagna e che hanno ad oggetto, tra l’altro, misure di sostegno al lavoro.
In particolare, al capo I gli articoli dal 19 al 22 estendono le misure speciali in tema di ammortizzatori sociali a tutto il territorio nazionale.
Scopo comune delle disposizioni è quello di ampliare la platea dei destinatari (sia per quanto riguarda le aziende che per i lavoratori interessati) e di rendere più snelle le procedure per l’attivazione dei benefici
1. Trattamento ordinario di integrazione salariale (CIGO) e assegno ordinario
Il D.L. 18/2020 all’art. 19 prevede che “I datori di lavoro che nell’anno 2020 sospendono o riducono l’attività lavorativa per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da COVID-19, possono presentare domanda di concessione del trattamento ordinario di integrazione salariale o di accesso all’assegno ordinario con causale “emergenza COVID-19”, per periodi decorrenti dal 23 febbraio 2020 per una durata massima di nove settimane e comunque entro il mese di agosto 2020.”
Gli strumenti individuati sono, quindi, innanzitutto quelli della cassa integrazione ordinaria e del fondo di integrazione salariale (che eroga l’assegno ordinario).
Poiché il D.L. 18/2020 interviene sui requisiti oggettivi, soggettivi e procedimentali disciplinati dal D.Lgs 148/2015, escludendo l’applicazione di alcune norme e dettando discipline “speciali” o “specifiche” (questo sarà poi certamente uno dei temi dibattuti), vediamo di seguito nel dettaglio, gli interventi.
Il D.L. 18/2020 prevede per entrambi i trattamenti, CIGO e assegno ordinario, una durata massima di nove settimane (la CIGO ha, di norma, una durata massima di 13 settimane continuative, prorogabili trimestralmente fino ad un massimo di 52 settimane ex art. D.Lgs 148/2015; l’assegno ordinario di 26 settimane ex art. 29, comma 3 D.Lgs. 148/2015 e art. 7 D.I. 94343/2016)
Per quanto riguarda le causali, il decreto introduce il trattamento con riferimento alla causale “emergenza COVID-19”.
Per quanto riguarda la CIGO, l’art. 11 del D. Lgs. 148/2015 distingue due casi, al ricorrere dei quali viene concesso il trattamento: a) situazioni aziendali dovute a eventi transitori e non imputabili all’impresa o ai dipendenti, incluse le intemperie stagionali o b) situazioni temporanee di mercato.
Proprio con riferimento alle causali, con D.M. 95442 del 15.4.2016 erano stati definiti i criteri per l’approvazione dei programmi di cassa integrazione ordinaria. Tra questi, l’art. 8 comprende “la sospensione o riduzione dell'attività per fatti sopravvenuti, non attribuibili ad inadempienza o responsabilità dell'impresa o dei lavoratori, dovuti ad eventi improvvisi e di rilievo o da ordini della pubblica autorità determinati da circostanze non imputabili all'impresa.”. E’ evidente che nella definizione riportata possano rientrare anche i casi di attività sospese (perché chiuse) o ridotte (perché limitate negli orari o nei giorni o nei reparti di apertura) in conseguenza dei provvedimenti adottati con DPCM 8.3.2020 e 11.3.2020.
Il D.L. 18/2020, però, fa espresso riferimento ai “datori di lavoro che nell’anno 2020 sospendono o riducono l’attività lavorativa per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da COVID 19”, e sembrerebbe quindi introdurre una specifica causale legata a questa emergenza. Non è del resto previsto un “obbligo” di presentazione di tali domande, poiché la norma usa la locuzione “possono”, lasciando così spazio anche ad una interpretazione che ritenga queste come norme che si aggiungono al complesso normativo “ordinario” delle integrazioni salariali.
Analoghe previsioni riguardano l’assegno ordinario, che è concesso per le cause previste dalla normativa in materia d’integrazione salariale ordinaria (con esclusione delle intemperie stagionali con riferimento all’ipotesi sub a) dell’art. 11 sopra richiamato) o straordinaria (e quindi per riorganizzazione aziendale o crisi aziendale) (art. 7 D.I. 94343/2016)
Sempre con riferimento alle causali, il D.L. 18/2020 precisa altresì che la domanda di accesso alla CIGO, motivata dalla causale “speciale” COVID 19 esclude la verifica della sussistenza dei requisiti legati alle causali “ordinarie” già viste e contemplate dall’art. 11 del D.Lgs. 148/2015.
L’INPS aveva precisato, con riferimento al DL 9/2020, con circolare n. 38 del 12.3.2020 che “La valutazione nel merito delle domande è semplificata rispetto a quella ordinaria, tenuto conto del carattere eccezionale della nuova causale e delle esigenze di celerità sottese alle prestazioni. Tale valutazione, infatti, non implica la verifica della sussistenza dei requisiti della transitorietà e della non imputabilità dell’evento. Nello specifico, la sussistenza di tale ultimo requisito è insita nella peculiarità dell’evento, che risulta, di tutta evidenza, qualificabile come “oggettivamente non evitabile”, mentre la valutazione in ordine alla ripresa della normale attività lavorativa non appare necessaria ai fini dell’integrabilità della causale, in quanto non ricade nell’ambito di possibile prevedibilità o dominio da parte dell’imprenditore.”
Il legislatore sembra poi essersi “dimenticato” dei lavoratori di cui all’art. 1, c. 2, lett. a) del D.L. 6/2020 per i quali venga prescritto il “divieto di allontanamento dal comune o dall’area interessata da parte di tutti gli individui comunque presenti nel comune o nell'area” allo scopo di contenere il diffondersi del virus nelle aree nelle “quali risulta positiva almeno una persona per la quale non si conosce la fonte di trasmissione o comunque nei quali vi è un caso non riconducibile ad una persona proveniente da un’area già interessata dal contagio del menzionato virus”. In tali casi il lavoratore o la lavoratrice non potranno certamente recarsi al lavoro e si ritiene che anche per le loro possano essere attivate le misure contenute nel decreto in commento (essendo l’attività lavorativa certamente impedita per un fatto che non dipende né dal lavoratore né dal datore di lavoro).
Il D.L. 18/2020 precisa anche che l’inizio del periodo di concessione decorre dalla data del 23.2.2020 (si tratta dello stesso termine di decorrenza già previsto per le ex zone rosse di Lombardia e Emilia Romagna dal D.L. 9/2020).
Quanto alle procedure, il comma 2 dell’art. 19 dispensa i datori di lavoro dall’osservanza di quelle dettate dall’art. 14 del D.Lgs. 148/2015, dall’art. 15 comma 2 e dall’art. 30 comma 2
Per la cassa integrazione ordinaria è prevista, infatti, una specifica procedura, relativa alla preventiva informazione e consultazione sindacale ed alla domanda da presentare all’INPS. L’informazione è obbligatoria e deve essere fatta alle RSA o RSU nonché alle articolazioni territoriali delle associazioni sindacali maggiormente rappresentative (art. 14 D.Lgs 148/2015 per la CIGO, applicabile anche all’assegno ordinario ex art. 30, comma 1).
L’esame congiunto, che avviene su richiesta di una delle parti, ha una durata massima di 25 giorni (ridotti a 10 per imprese con un numero di dipendenti inferiori a 50).
L’art 15 citato regola, invece, il procedimento di richiesta all’INPS e stabilisce che la domanda debba essere presentata entro 15 giorni dall’inizio della sospensione o riduzione dell’attività lavorativa per quel che attiene alle domande di CIGO. Per l’assegno ordinario l’art. 30, comma 2 del DLgs 148/2015 stabilisce che la domanda debba essere presentata non prima di 30 giorni dall’inizio di sospensione o riduzione e non oltre quindici giorni.
Non si applicheranno, pertanto, i termini ivi indicati bensì quello previsto dal D.L. 18/2020 ovvero entro la fine del quarto mese successivo a quello in cui ha avuto inizio la sospensione o riduzione.
Il D.L. fa salvi l’informazione, la consultazione e l’esame congiunto che devono essere svolti anche in via telematica entro i tre giorni successivi a quello della richiesta.
Pare a chi scrive che questa sia una scelta opportuna, perché dal confronto sindacale possono nascere questioni rilevanti ai fini della procedura, se solo si considera che oggetto della informativa (ex art. 14 D.Lgs. 148/2015) sono: le cause di sospensione o di riduzione dell’orario di lavoro, l’entità e la durata prevedibile, il numero dei lavoratori interessati.
I periodi di fruizione della CIGO e dell’assegno ordinario per “COVID 19” sono neutri ai fini del calcolo della durata massima dei trattamenti ordinari.
La durata massima complessiva dei trattamenti (ordinari e straordinari) è fissata dall’art. 4 del D.Lgs 148/2015 in ventiquattro mesi in un quinquennio mobile (inteso come lasso temporale pari a cinque anni, che viene calcolato a ritroso a decorrere dall’ultimo giorno di trattamento richiesto da ogni azienda per ogni singola unità produttiva, come da Circolare del Ministero del Lavoro n. 17 del 8.11.2017). Per le imprese industriali e artigiane edili e affini, nonché per quelle (industriali o artigiane) che svolgono attività di escavazione e/o lavorazione di materiale lapideo il limite massimo è di trenta mesi
Il periodo di cassa ordinaria per COVID 19 è neutro anche con riferimento alla durata massima della CIGO, prevista dall’art. 12 del D.Lgs. 148/2015 in 13 settimane continuative, prorogabili trimestralmente fino a massimo 52 settimane nel biennio mobile (si veda la circolare già citata – n. 17/2017) e comunque non oltre 1/3 delle ore lavorabili – da tutti i dipendenti occupati nell’unità produttiva nel semestre precedente la domanda – nel biennio mobile.
I periodi di fruizione sono neutralizzati anche con riferimento alla durata massima prevista per l’assegno ordinario, nonché per il cumulo con l’assegno di solidarietà. La durata di tali trattamenti, sulla base del disposto dell’art. 29 comma 3 e 30 comma 1, è di ventisei settimane in biennio mobile (sul calcolo si rinvia alla circolare INPS del 2017 già citata).
Per quanto riguarda l’assegno ordinario, il D.L. 18/2020 precisa che potrà essere superato il limite di dieci volte l’ammontare dei contributi ordinari dovuti dal medesimo datore di lavoro, normalmente previsto come “tetto aziendale” dal comma 4 dell’art. 29.
Il limite massimo di spesa è comunque previsto in 1,3472 miliardi di euro; una volta raggiunto non potranno essere prese in considerazione ulteriori domande.
Il D.L. 18/2020 esclude la contribuzione addizionale, prevista dagli art. 5, 29 comma 8 secondo periodo e 33 comma 2 del D.Lgs. 148/2015: si tratta della contribuzione ulteriore che viene imposta alle imprese (per la CIGO) e al datore di lavoro (per l’assegno ordinario) che fruiscono delle integrazioni salariali
Per quanto riguarda l’assegno ordinario, questo è concesso, nei limiti delle nove settimane e solo per il 2020, ai datori di lavoro che occupano mediamente più di cinque dipendenti (in deroga, quindi al limite minimo di quindici dipendenti stabilito in linea generale dall’art. 29, comma 3 secondo periodo)
Per quanto riguarda il calcolo dei dipendenti, si farà riferimento al numero complessivo nel semestre precedente la richiesta e vi rientrano i lavoratori subordinati a tempo indeterminato e a termine, i dirigenti, gli apprendisti, i lavoratori intermittenti (in proporzione all’orario svolto nell’ultimo semestre come previsto dall’art. 18 del D.L.vo n. 81/2015), i part-time sulla base dell’orario ex art. 9 del D.L.vo n. 81/2015
Quanto ai lavoratori destinatari, si tratta di coloro che sono dipendenti dei datori di lavoro, che chiedono la prestazione, alla data del 23.2.2020, non trovando applicazione il requisito della anzianità di effettivo lavoro di almeno novanta giorni alla data di presentazione della relativa domanda di concessione (requisito previsto dall’art. 1 comma 2 del D.Lgs. 148/2015 sia per la CIGO che l’assegno ordinario).
Le norme valgono anche per i Fondi Bilaterali del Trentino e dell’Alto Adige, che sono tenuti ad erogare l’assegno ordinario secondo quanto previsto dal comma 1 dell’art. 19.
2. Trattamento di integrazione ordinaria per le aziende che fruiscono della Cassa integrazione straordinaria o dell’assegno di solidarietà.
L’art. 20 stabilisce la possibilità di presentazione della domanda di integrazione salariale ordinaria anche da parte delle aziende che hanno in corso un trattamento di integrazione straordinaria o fruiscono dell’assegno di solidarietà (la disciplina specifica è contenuta nel successivo art. 21), anche in questo caso per un periodo di nove settimane.
Il trattamento ordinario sostituisce quello straordinario ed è subordinato alla sospensione degli effetti della cassa integrazione straordinaria già concessa (occorrerà quindi un provvedimento ministeriale attivato su domanda delle aziende). La norma precisa che il trattamento ordinario può riguardare gli stessi lavoratori che beneficiano di quello straordinario, a totale copertura dell’orario di lavoro.
La procedura è quella prevista dall’art. 19, cui l’art. 20 rinvia espressamente.
Il D.L.18/2020 introduce poi al comma 4 una disposizione relativa alle istanze di accesso ai trattamenti di integrazione salariale straordinaria, stabilendo l’esonero dal rispetto dei termini procedimentali previsti dagli artt. 24 e 25 del D.Lgs. 148/15 (relativi a consultazione sindacale e procedimento). La ragione risiederebbe, stando al tenore della norma, nella “limitata operatività conseguente alle misure di contenimento per l’emergenza sanitaria”.
Sia per la Cassa integrazione straordinaria che per l’assegno di solidarietà i periodi fruiti per emergenza COVID 19 sono considerati neutri ai fini del calcolo di durata massima prevista dal D.Lgs. 148/2015.
Non è prevista contribuzione aggiuntiva.
3. Cassa integrazione in deroga
L’articolo 22 disciplina la cassa integrazione in deroga, destinata ai datori di lavoro privati (anche agricoli, della pesca e del terzo settore, compresi gli enti religiosi civilmente riconosciuti) ai quali non si applicano le tutele in materia di sospensione o riduzione dell’orario di lavoro.
Rientrano nel campo di applicazione di questo ulteriore strumento di integrazione le imprese cui non si applica la CIGO perché non rientranti nell’elenco di cui all’art. 10 del D.Lgs. 148/2015 nonchè i datori di lavoro che occupano mediamente meno di cinque dipendenti e quindi non possono fruire del F.I.S..
Non è chiaro se possano accedere alla Cassa in deroga anche le imprese rientranti nel campo di applicazione della CIGS, ma che non possono accedere ai trattamenti ordinari di integrazione, come ad esempio le aziende del commercio, dei pubblici esercizi o delle agenzie di viaggio.
Ad ogni buon conto per l’accesso alla deroga occorre un accordo con le organizzazioni sindacali che, precisa il decreto, potrà essere concluso anche in via telematica, salvo che per i datori di lavoro che occupano fino a cinque dipendenti per i quali l’accordo non viene richiesto. Sono esclusi i datori di lavoro domestico.
La durata del trattamento, in analogia con gli altri previsti dal decreto, è di nove settimane e, per quanto riguarda i lavoratori del settore agricolo è equiparato al lavoro ai fini della concessione della disoccupazione (che come noto, è calcolata sulla base delle settimane di lavoro)
Il comma 3 precisa il tetto massimo di spesa (3.293,2 milioni di euro), la decorrenza dal 23.2.2020 e l’applicabilità ai dipendenti “già in forza” a tale data.
I trattamenti verranno concessi con decreto delle regioni, da trasmettere all’INPS entro quarantotto ore dall’adozione, ma l’efficacia del decreto è comunque subordinata alla verifica, da parte dell’INPS del rispetto dei limiti massimi di spesa.
Il pagamento viene effettuato direttamente dall’INPS (non è quindi prevista anticipazione). Si porrà quindi il problema di garantire ai lavoratori e alle lavoratrici un reddito (e quindi la retribuzione) per tutto il tempo necessario e comunque sino al momento in cui l’INPS avvierà i pagamenti (con possibilità, ovviamente, di recupero di quanto “anticipato” sotto forma di retribuzione da parte del datore di lavoro).
Sul punto, con riferimento al D.L. 9/2020, L’INPS aveva precisato con circolare 38/2020 che “il datore di lavoro è obbligato ad inviare all’Istituto tutti i dati necessari per il pagamento dell’integrazione salariale (modello “SR41”) entro sei mesi dalla fine del periodo di paga in corso alla scadenza del termine di durata della concessione o dalla data del provvedimento di autorizzazione al pagamento da parte dell’INPS, se successivo. Trascorso inutilmente tale termine il pagamento della prestazione e degli oneri ad essa connessi rimangono a carico del datore di lavoro inadempiente. Si richiama l’attenzione sulla necessità, da parte degli operatori delle Strutture territoriali, di procedere con sollecitudine all’emissione del provvedimento di autorizzazione al pagamento ed alla contestuale notifica dello stesso, via PEC, al datore di lavoro. Successivamente alla ricezione del provvedimento di autorizzazione, le aziende dovranno inoltrare all’Istituto la documentazione per la liquidazione dei pagamenti, avvalendosi del modello “SR41”, al fine di consentire alle Strutture territoriali di erogare le prestazioni in argomento con le stesse modalità in uso per le prestazioni di CIG in deroga.”.
Ad oggi l’INPS non ha ancora emanato una circolare esplicativa delle procedure derivanti dal D.L. 18/2020.
Il D.L. 18/2020 precisa che resta fermo quanto previsto dagli art. 15 e 17 del D.L. 9/2020 relativi alla cassa integrazione in deroga per le ex zone rosse e gialle.
A tal proposito preme sottolineare che sono stati sottoscritti due accordi quadro, uno per Lombardia e l’altro per Emilia Romagna, rispettivamente in data 11.3.2020 e 6.3.2020.
Il primo, intervenuto allorchè la zona rossa era già stata estesa a tutta l’Italia, contiene già un impegno delle parti a modificare lo stesso accordo quadro a seguito dell’ampliamento del perimetro territoriale interessato dalle restrizioni. Il campo di applicazione è esteso a operai, impiegati, quadri, apprendisti, soci di cooperative con rapporto di lavoro subordinato, somministrati, lavoratori a domicilio, intermittenti ed agricoli. Precisa che possono accedere alla cassa i datori di lavoro esclusi da altri trattamenti, indipendentemente dal numero di dipendenti e disciplina le regole del procedimento (l’accordo è reperibile, ad esempio, alla pagina www.cgil.lombardia.it/siglato-laccordo-sugli-ammortizzatori-sociali-in-deroga-e-indennita-per-i-lavoratori-autonomi)
Anche il secondo estende l’applicazione anche agli appaltatori di opere e servizi, ai soci di cooperativa che siano anche subordinati, ai somministrati ed esclude i lavoratori domestici, disciplinando le procedure di accesso e il monitoraggio della spesa (l’accordo è reperibile, ad esempio, alla pagina www.agenzialavoro.emr.it/notizie/2020/cassa-integrazione-in-deroga-decreto-legge-n-9-del-2-marzo-2020)
4. Trattamenti di integrazione e ferie maturate
Una delle questioni che potrà porsi riguarda la fruizione ferie prima dell’accesso al trattamento di integrazione.
Per quanto riguarda la disciplina ordinaria della CIGO non è prevista una disposizione specifica che imponga lo “smaltimento” delle ferie. L’INPS aveva precisato, nella circolare 139/2016, che il godimento delle ferie (sia quelle già maturate che quelle dell’anno in corso) può essere posticipato al momento della “cessazione dell’evento sospensivo coincidente con la ripresa dell’attività produttiva”, con riferimento però, ovviamente, a circostanze diverse da quelle attuali.
Per le forme di ammortizzatori in deroga, invece, un preciso obbligo di smaltimento delle ferie era stato previsto dal DM n. 83473/2014 relativo a tale ammortizzatore in deroga alle leggi all’epoca vigenti (quindi prima del D.Lgs. 148/2015) che al comma 8 dell’art. 2 così stabiliva : “Allo scopo di fruire dei trattamenti di integrazione salariale in deroga l’impresa deve avere previamente utilizzato gli strumenti ordinari di flessibilità, ivi inclusa la fruizione delle ferie residue”
Sul punto va rammentato anche che il recente Protocollo – in direzione sembrerebbe difforme dal DM citato – siglato lo scorso 14.3.2020 con le parti sociali ha espressamente concordato, al punto 8, di “utilizzare in via prioritaria gli ammortizzatori sociali disponibili nel rispetto degli istituti contrattuali (par, rol, banca ore) generalmente finalizzati a consentire l’astensione dal lavoro senza perdita di retribuzione” e “nel caso l’utilizzo degli istituti di cui al punto c) non risulti sufficiente, si utilizzeranno i periodi di ferie arretrati e non ancora fruiti”.
Volendo considerare gli “strumenti di flessibilità” di cui al DM del 2014 occorrerà anche tener conto della possibilità di svolgere l’attività lavorativa nelle forme del lavoro agile, parimenti “caldeggiata” dal governo e che consente al lavoratore e alla lavoratrice di continuare a percepire l’intero trattamento retributivo.
Per concludere, infatti, non va dimenticata la misura dei trattamenti di cui si è discusso: l’integrazione salariale è pari all’80% della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore e alla lavoratrice per le ore di lavoro non prestate (il calcolo viene fatto sulla base dell’orario di ciascuna settimana), con un massimo di € 998,18 se la retribuzione di riferimento (comprensiva dei ratei) è pari o inferiore a euro 2.159,48 o di € 1.199,72 se la retribuzione di riferimento (comprensiva dei ratei) è superiore a euro 2.159,48
5. I chiarimenti dell’INPS
Con messaggio n. 1287 del 20.3.2020 l’INPS ha fornito le prime indicazioni operative.
Per quanto riguarda il trattamento ordinario conferma che le aziende non devo fornire alcuna prova della transitorietà dell’evento, della ripresa dell’attività lavorativa e della non imputabilità (non sarà necessaria alcuna relazione tecnica ma solo l’elenco dei beneficiari, da allegare alla domanda) e possono chiedere l’integrazione per “emergenza Covid 19” anche se hanno già presentato domanda con altra causale o hanno in corso una autorizzazione con altra causale.
Analoghe semplificazioni sono previste per la domanda di assegno ordinario. Qualora l’accesso all’assegno sia subordinato al preventivo accordo sindacale, quest’ultimo potrà essere sottoscritto anche in data successiva alla domanda.
Una precisazione importante riguarda le aziende che, per settore di appartenenza, non hanno accesso alla CIGO ma che rientrano nel campo di applicazione della CIGS: il messaggio esplicita che potranno accedere alla cassa in deroga.
Quanto al pagamento sia per la CIGO che per l’assegno ordinario il messaggio prevede sia il consueto metodo di erogazione tramite conguaglio, sia la possibilità di pagamento diretto da parte dell’INPS senza che sia necessario fornire la prova delle difficoltà finanziarie.
Per la Cassa in deroga il messaggio conferma l’esclusione dell’accordo sindacale per le aziende fino a cinque dipendenti, mentre per le altre l’accordo potrà essere concluso anche in via telematica.