Vacanza rovinata? Cosa si può davvero chiedere al tour operator
di Stefano Zucali
Le vacanze estive sono ormai alle spalle ma non è detto che abbiano lasciato solo buoni ricordi.
Può capitare che il periodo di ferie sia stato rovinato dalla mancata o ritardata partenza di un mezzo di trasporto (treno, nave, aereo) o dalle caratteristiche degli alloggi (case, alberghi, b&b) difformi da quelle prospettate o da altri disservizi più o meno imputabili al tour operator.
Ma quando il “disagio” patito in vacanza può effettivamente ricondursi alla categoria del danno risarcibile?
L’articolo 46 del Codice del Turismo (D.Lgs. 79/2011) prevede che “Nel caso in cui l’inadempimento delle prestazioni che formano oggetto del pacchetto non è di scarsa importanza ai sensi dell’articolo 1455 del codice civile, il viaggiatore può chiedere all’organizzatore o al venditore, secondo la responsabilità derivante dalla violazione dei rispettivi obblighi assunti con i rispettivi contratti, oltre e indipendentemente dalla risoluzione del contratto, un risarcimento del danno correlato al tempo di vacanza inutilmente trascorso ed alla irripetibilità dell’occasione perduta. Il diritto al risarcimento si prescrive in tre anni, ovvero nel più lungo periodo per il risarcimento del danno alla persona previsto dalle disposizioni che regolano i servizi compresi nel pacchetto, a decorrere dalla data del rientro del viaggiatore nel luogo di partenza.”
La norma definisce il cosiddetto “danno da vacanza rovinata”.
Si tratta di un pregiudizio non patrimoniale (danno morale) che si distingue e si affianca al classico danno patrimoniale da perdita economica.
Il danno da vacanza rovinata consiste, quindi, nella perdita di un’occasione di relax, il c.d. emotional distress, ossia un turbamento emotivo causato dal mancato soddisfacimento di legittime aspettative riposte dal turista sul viaggio o sul periodo di villeggiatura.
Prima dell’introduzione del D.Lgs. 79/2011 questa tipologia di danno veniva genericamente ricondotta all’articolo 2059 c.c. che disciplina, per l’appunto, il danno non patrimoniale. Il risarcimento era riconosciuto solo in presenza della lesione di un bene costituzionalmente protetto (ad esempio il diritto alla salute ex art. 32 Cost.).
L’espressa introduzione di questo tipo di danno ad opera del Codice del Turismo ha sanato la lacuna aprendo la via alla piena tutela del turista in tutte le ipotesi in cui, a causa dell’inadempimento del tour operator, non venga pienamente soddisfatto il suo diritto ad una vacanza serena e rilassante.
Trattandosi di un danno derivante dall’inadempimento contrattuale del tour operator, il turista-viaggiatore deve, tuttavia, provare l’esistenza del contratto di viaggio, allegare le circostanze dell’inadempimento, provare la sussistenza del danno e il nesso di causalità con l’inadempimento.
In punto di prova del danno, derivante dall’inadempimento dell’operatore turistico, la Cassazione si è espressa in senso molto restrittivo.
Secondo la Suprema Corte, il tour operator risponde, infatti, del danno occorso al proprio cliente solo se quest’ultimo riesce rigorosamente a dimostrare che il pregiudizio è conseguenza dell’inadempimento contrattuale dell’operatore.
Con una recente ordinanza la Corte di Cassazione ha confermato questo orientamento ribadendo che incombe sul danneggiato la prova rigorosa e specifica del nesso causale tra danno e inadempimento contrattuale (Cassazione Civile, Sezione Sesta, Ordinanza n. 11758/2020 del 18.6.2020).
Occorre, poi, stabilire in quale modo possa quantificarsi il danno una volta accertatane la sussistenza.
L’orientamento prevalente della giurisprudenza (cfr. Tribunale di Milano, Sezione Sesta, Sentenza n. 5036 del 15.5.2014; Tribunale di Como, Sezione Prima, Sentenza n. 1304 del 18.7.2014) ritiene che la quantificazione debba avvenire in via equitativa, ex art. 1226 c.c., ossia secondo la discrezionalità del giudice il quale dovrà liquidare una somma congrua per il risarcimento tenendo conto di elementi quali l’irripetibilità del viaggio, il valore soggettivo attribuito alla vacanza dal turista e lo stress subito a causa dei disservizi.
In conclusione, può certamente dirsi che c’è spazio per avanzare richieste risarcitorie da “vacanza rovinata” ma la fondatezza di ogni pretesa andrà attentamente valutata alla luce della richiamata giurisprudenza prima di dar seguito a qualsiasi tipo di azione sia in sede stragiudiziale sia, a maggior ragione, in sede giudiziale.