Sanatoria Covid-19 e richiedenti asilo
di Stefano Zucali
Com’è noto, tra i provvedimenti adottati dal Governo per reagire agli effetti devastanti della pandemia causata dal COVID 19 è inclusa anche la regolarizzazione di alcune categorie di lavoratori stranieri presenti in Italia.
La sanatoria è frutto di un difficile compromesso politico ed è stata pensata, in prima battuta, per far fronte alla crisi che ha colpito il settore agricolo.
L’articolo 103 del D.L. n. 34 del 19.5.2020, Decreto Legge Rilancio, attualmente in fase di conversione, stabilisce, infatti, la possibilità di presentare istanza per concludere un contratto di lavoro subordinato o per dichiarare la sussistenza di un rapporto di lavoro irregolare con cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale senza permesso.
La norma fissa, in altre parole, le regole per far emergere il cd. “lavoro nero” ampiamente abusato sia nel settore dell’agricoltura sia in quello della collaborazione familiare, anch’esso interessato dalla sanatoria.
Nello specifico sono previsti due canali di emersione.
Il primo, delineato dal comma 1 dell’articolo 103, consente al datore di lavoro di formalizzare un nuovo rapporto subordinato o di dichiararne uno irregolarmente instaurato con cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale prima dell’8 marzo 2020.
Il secondo, stabilito dal comma 2 della medesima norma, prevede la possibilità per i cittadini stranieri con permesso di soggiorno scaduto dopo il 31 ottobre 2019, già presenti sul territorio nazionale alla data del 8 marzo 2020 e che abbiano svolto regolarmente in precedenza attività lavorativa in uno dei comparti a cui è vincolata la regolarizzazione (agricoltura, allevamento e zootecnia, pesca, acquacoltura e attività connesse, assistenza alla persona e lavoro domestico), di chiedere il rilascio di un permesso di soggiorno della durata di sei mesi convertibile alla scadenza in permesso di lavoro.
Le domande possono essere presentate dal 1 giugno 2020 al 15 agosto 2020, dopo la proroga apportata al termine di scadenza originariamente fissato al 15 luglio 2020 (D.L. n.50/2020).
Ma quali categorie di stranieri possono effettivamente beneficiare della sanatoria?
Il Ministero degli Interni è intervenuto per chiarire che vi rientrano i richiedenti protezione internazionale, i denegati ricorrenti, gli irregolari, i possessori di permesso di soggiorno valido, gli stranieri oggetto di provvedimento di espulsione per violazione delle norme sull’ingresso e sul soggiorno e i titolari di permesso di soggiorno non convertibile in permesso per lavoro (cfr. FAQ del Ministero dell’Interno del 13 giugno 2020).
Lo stesso Ministero ha ulteriormente precisato che i richiedenti asilo, a prescindere dalle vicende attinenti alla richiesta di protezione internazionale e all’iter in corso, sia esso amministrativo che giudiziario, possono accedere al primo canale di emersione di cui al comma 1 dell’art. 103 D.L. 34/2020, mentre resterebbe loro preclusa la procedura del secondo canale di regolarizzazione disciplinato dal comma 2 (Circolare Ministero Interno n.4430 del 19.6.2020).
La questione è particolarmente rilevante.
Si tratta, infatti, di disciplinare la “convivenza” tra l’istanza di sanatoria e domanda di protezione internazionale.
L’interpretazione del Ministero, che consente l’accesso dei richiedenti asilo solamente alla procedura di emersione ex art.103 comma 1, sta trovando seguito nella prassi applicativa di molte Questure che subordinano l’istanza di sanatoria ex art.103 comma 2 alla preventiva rinuncia alla domanda di protezione internazionale.
La lettura del Ministero non è, tuttavia, condivisibile poiché, di fatto, esclude dalla sanatoria, quantomeno dal canale più accessibile, tutta la categoria dei richiedenti asilo che, legittimamente, non vogliono rinunciare ad esercitare il diritto soggettivo alla protezione internazionale.
Si auspica, quindi, un immediato cambio di rotta da parte del Ministero e delle Questure anche al fine di evitare un inutile contenzioso che andrebbe ad aggravare la già difficile situazione in cui versa la giustizia italiana a seguito dell’emergenza COVID.